Farmaci biologici: la sfida dei 'generici'

03 Luglio 2013

Negli Stati Uniti si accende il dibattito sulla produzione di 'cloni' a basso costo dei rimedi biologici

Tutti sappiamo che cos'e' un 'generico': dato un farmaco affermato e conosciuto, le case farmaceutiche diverse dal produttore originario e proprietario del suo brevetto possono, trascorso un certo periodo di tempo, produrre una loro versione dello stesso farmaco, conservando gli stessi principi attivi, ma modificando gli altri componenti.

Si ottiene cosi' una 'copia' del prodotto originale che svolge le sue stesse funzioni e allo stesso tempo non ne infrange il brevetto; il nuovo farmaco non puo' ovviamente chiamarsi come quello che lo ha ispirato e di norma arriva sul bancone della farmacia ad un prezzo inferiore, valorizzando la concorrenza e magari rendendosi disponibile ad una fascia di utenza maggiore.

In modo analogo, sono nati i primi 'biogenerici': versioni 'copiate' di farmaci biologici come l'insulina o l'ormone della crescita.

Per quanto riguarda i farmaci biologici piu' complessi, che vengono usati per le patologie autoimmuni come la psoriasi, l'artrite psoriasica, l'artrite reumatoide, la sclerosi multipla, e il cancro, negli Stati Uniti le case farmaceutiche stanno mettendo a punto la produzione di 'biosimilars' o 'biogenerics', ma qui la strada appare ancora lunga e in salita.

I farmaci biologici sono infatti prodotti da colture cellulari che subiscono 'programmazioni' precise; realizzandone una copia dove volutamente siano state introdotte delle varianti, risulta difficile garantire che l'efficacia sia la stessa, e allo stesso tempo occorre rivalutare completamente gli effetti collaterali che le modifiche potrebbero avere introdotto; non si tratta di un prodotto farmaceutico ordinario, dove basta garantire la presenza e la disponibilita' per l'organismo del medesimo principio attivo; qui la piu' piccola differenza rispetto all'originale determina variazioni radicali nell'efficacia e nei rischi.

Il dibattito si sposta allora su quanto approfonditi debbano essere i test necessari per la loro approvazione; organizzazioni di pazienti hanno sollecitato la Food and Drugs Administration affinche' i controlli fossero il piu' accurati possibile, senza basarsi sugli studi fatti sugli animali e procedendo con monitoraggi anche a distanza di anni dopo l'approvazione, alla ricerca di eventuali controindicazioni.

I produttori, pur non nascondendo qualche preoccupazione, tendono invece a minimizzare l'entita' del problema, mostrando la loro decennale esperienza nello sviluppo di farmaci biologici, suggerendo alla FDA di mantenere verso i biogenerics lo stesso protocollo di controlli adottato nei confronti dei farmaci comuni; evidenziando gli enormi vantaggi in termini di riduzione dei costi che potranno derivare dalla loro adozione su vasta scala.

La FDA, sollecitata da una legge del 2010 denominata "Affordable Care Act" (legge per le cure a disposizione di tutti), avrebbe dovuto gia' emanare delle direttive riguardo ai biologici generici verso la fine del 2011, ma a tutt'oggi non risulta nulla.

Si stima che il primo farmaco biologico generico dovrebbe arrivare sul mercato americano entro il 2014.

L'Unione Europea, dal canto suo, ha definito un organo appositamente dedicato all'approvazione dei biogenerici, che emana i protocolli per i test clinici obbligatori e dispone le periodiche revisioni degli effetti collaterali sui pazienti.


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